Bias Cognitivi: come usarli per vendere di più
Aggiornato il 28 Maggio 2020 da Paolo Paccassoni
I Bias cognitivi: perché mettono in discussione l’economia classica
Cosa sono i Bias cognitivi? Perché è così importante conoscerli e come ci aiutano a vendere di più online e offline?
Inizio con delle domande, sperando che alla fine dell’articolo ve ne farete di nuove perché quello che state per scoprire probabilmente va un po’ contro quello che avete sempre pensato.
Metterete in discussione tutto quello che sino ad ora avete capito di marketing e soprattutto metterete in discussione tutto quello che vi hanno insegnato all’università sull’economia e in generale sul comportamento dell’ Homo Economicus.
Se avete seguito un corso di economia o vi siete laureati in questa materia, ricorderete che nella formulazione di teorie economiche, l’uomo è un essere sempre razionale.
Una donna per strada, equidistante da due gelaterie che vendono esattamente gli stessi prodotti, andrà nella gelateria dove il gelato costa meno. Fine della Teoria Economica. Se vi iscrivete ad Economia, vi insegnano questo e non sto scherzando.
Nella realtà del mondo le cose sono certamente più complicate, il che rende tutto molto più interessante.
La scoperta dei Bias Cognitivi
Negli anni ’70 due brillanti psicologi, Amos Tversky e Daniel Kahneman si trovano nel bel mezzo di una ricerca di psicologia cognitiva. In particolare studiano in che modo l’essere umano prende decisioni e formula pensieri in situazioni di incertezza o scarsità di informazione.
Nel corso di questa ricerca scoprono che l’uomo non ragiona come essere esclusivamente razionale. Anzi, le decisioni vengono prese spesso a livello inconscio per poi essere razionalizzate e messe in atto.
Nello specifico i due studiosi scoprono che il cervello umano può essere separato in due sistemi, il sistema 1 e il sistema 2.
Il sistema 1 attiene al pensiero intuitivo ed è caratterizzato da estrema velocità e reattività
Il sistema 2 attiene al pensiero razionale, logico e riflessivo ed è un sistema più lento e pigro.
Quando l’uomo si trova di fronte ad uno stimolo (sia esso il dover risolvere un problema di matematica o il prendere una decisione di acquisto) il primo cervello ad attivarsi è il sistema 1. La risposta fornita dal sistema 1 viene “passata” al sistema 2, il quale la pondera e se valutata corretta, la avalla e la lascia agire, altrimenti la modifica.
E qui arriva il problema. Questo perfetto meccanismo si inceppa più volte di quanto pensiamo. Tversky e Kahneman scoprono che la razionalità umana (il sistema 2), in situazioni di incertezza è ostacolata da distorsioni del giudizio, dette anche Bias cognitivi.
Questi Bias portano a errori di valutazione e in definitiva a prendere decisioni sbagliate. In qualche modo il Sistema 1 propone una soluzione intuitiva errata al problema e il sistema 2 la avalla come corretta.
I due studiosi hanno pubblicato la loro scoperta in un paper del 1974 dal titolo “Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases”
Vi sottopongo un test e vediamo quanto siete bravi. Leggete prima il quesito in blu. Provate a rispondere di getto e poi leggete oltre.
Una mazza da baseball e una palla insieme costano 1 euro e 10 centesimi.
La mazza costa 1 euro più della palla.
Quanto costa la palla?
Se la vostra risposta è stata 10 centesimi, la risposta è sbagliata ma non disperate. L’80% delle persone a cui viene fatta questa domanda risponde erroneamente.
Il vostro sistema 1, intuitivo e veloce ha dato la risposta che gli sembrava più ovvia. Il sistema 2 ha deciso di avallare questa risposta che è poi diventata la vostra risposta definitiva. Per la cronaca la risposta corretta è 5 centesimi (e la mazza costa 1 euro e 5 centesimi). Fate due conti con carta e penna e vedrete che ho ragione.
Siete stati vittima di un Bias cognitivo.
Com’è possibile che il cervello ci abbia giocato un così brutto scherzo? Considerate che nella vita di tutti i giorni prendiamo decisioni molto più serie esattamente con lo stesso meccanismo.
Stando a quanto dice Wikipedia, il Bias cognitivo è definibile come “un sistema di deviazione dalla razionalità del giudizio…ovvero la tendenza a creare una realtà soggettiva, sviluppata sulla base di un interpretazione delle informazioni in possesso e dei pregiudizi dentro di noi”.
La differenza tra Bias Cognitivi ed Euristiche
Spesso i concetti di Euristica e Bias cognitivi vengono confusi e usati come sinonimi.
L’euristica in psicologia è una scorciatoia mentale frutto dell’esperienza passata. Ad esempio se vi chiedo come si riconosce un numero dispari composto da più cifre, rispetto ad un numero pari, la risposta che verrebbe a tutti è “Guardo l’ultima cifra” ed è corretto. Probabilmente in passato abbiamo capito che questo è il modo più veloce.
Abbiamo applicato una scorciatoia mentale per risolvere il problema. In realtà le risposte a questa domanda potrebbero essere anche altre ma dalla nostra esperienza di vita abbiamo scoperto che il modo più semplice e immediato è guardare l’ultima cifra. Ecco la nostra scorciatoia.
I Bias cognitivi invece sono delle euristiche speciali perché le loro conclusioni portano a decisioni errate! infatti il Bias non è basato sulle esperienze ma su pregiudizi e preconcetti e l’emozione del momento. Il cervello in questi casi non riconosce l’errore in fase di formulazione e prende per buona la prima conclusione.
Un Bias molto particolare ad esempio è “l’euristica della disponibilità“. Sulla base di questo Bias prendiamo decisioni non basate su prove tangibili ma sulle poche informazioni che abbiamo a disposizione. Un esempio?
Secondo voi ci sono più divorzi tra gli Attori di cinema o tra i baristi?
Avete pensato che la risposta giusta siano gli Attori, vero? Sbagliato. I Baristi sono tra le categorie con il più alto tasso di divorzio secondo la classifica stilata da Monster
La vostra risposta è stata guidata da un errata convinzione. La convinzione è guidata dai Mass-media che ogni giorno ci bombardano con notizie relative a tresche, scandali e tradimenti di personaggi famosi. Non ci parlano mai della vita di baristi qualunque perché questi non fanno notizia!
Kahneman nel 2002 ha vinto il Nobel per i suoi contributi e dagli anni 70 ad oggi, moltissimi studiosi si sono dilettati nella ricerca di queste particolari euristiche definite Bias Cognitivi ma perché?
Al di là del mero interesse scientifico, questi Bug mentali possono essere usati per modificare il comportamento dei consumatori o influire sulle loro scelte. Nelle prossime righe troverete diversi Bias cognitivi molto interessati che il marketing utilizza per influenzare o modificare le scelte dei consumatori.
Vediamo quindi 9 esempi pratici di Bias cognitivi.
9 esempi di Bias Cognitivi per dare slancio alle vendite
Effetto decoy (Decoy Effect)
L’effetto decoy (esca) è anche detto “effetto di dominanza asimmetrica“. Consiste nel modificare le preferenze del consumatore proponendogli un determinato set di scelte. L’esempio classico più richiamato in letteratura è quello del cinema e dei barattoli di pop-corn
Poniamo il caso che siamo al cinema e dobbiamo comprare i pop corn. Arriviamo al bancone e questa è l’offerta che vediamo
In questa situazione è scientificamente provato che la maggior parte delle volte le persone sceglieranno il barattolo piccolo. Di fatto la differenza di prezzo tra il barattolo piccolo e il grande è molto ampia e i consumatori non se la sentono di spendere così tanto.
Come faccio ad aumentare le vendite del barattolo grande? Introduco il prodotto decoy (esca).
In questo caso il consumatore ha ora davanti 3 scelte di cui una centrale con un prezzo vicinissimo a 7 euro ma a questo punto il barattolo grande è diventato estremamente più conveniente da acquistare!
Cosa è successo? Semplicemente ho modificato le preferenze del consumatore spingendolo a confrontare non più il barattolo piccolo al grande ma il barattolo medio (l’esca) al barattolo grande.
Notate bene che la differenza tra il barattolo piccolo e il grande esiste ancora (3 euro e 7 euro) ma il consumatore sembra non vederla.
Effetto Ancora (Anchoring Bias)
L’effetto Ancora prende il nome dallo strumento che le imbarcazioni utilizzano per rimanere ferme in una determinata posizione sul mare. Il concetto applicato al marketing è del tutto simile. L’ancora serve per tenere ferme le convinzioni del consumatore su un determinato concetto in modo da influenzare le sue decisioni future. Facciamo un esempio.
Esempio Ancora 1
Se sono propenso ad acquistare una macchina da 100.000 euro e vado in concessionaria, il venditore cercherà di venderci anche il park assist come optional a 2000 euro. Ovviamente se il prezzo (ancora) che ho in mente per la macchina è 100.000 euro, una spesa ulteriore di 2000 non mi sembra così eccessiva e finirò per accettarla.
Che dire se invece ci rechiamo in concessionaria perché ci interessa un automobile da 8000 euro e il venditore ci proponesse il park assist a 2000 euro? Cambierebbe tutto! La nostra ancora in questo caso è 8000 euro e non siamo disposti a spendere il 25% del valore dell’intera auto per un singolo Optional.
Esempio Ancora 2
Andate sullo store online di apple e provate ad acquistare un Iphone. Mentre avanzate verso il carrello intenzionati ad acquistare uno smartphone da 1000 euro, il sito vi chiede se avete bisogno di una custodia, alla modica cifra di 45 euro. Se comparati ad una spesa di 1000 euro non sono tanti vero? Finirete per acquistarla
Esempio Ancora 3
Di questo esempio ho già parlato nell’articolo 7 tecniche di neuromarketing nel quale trovate il video in cui Steve Jobs presenta per la prima volta un Ipad. Premetto che fino a quel momento il concetto di tablet era praticamente sconosciuto e dunque non esistevano prezzi di riferimento sul mercato.
Nel suo discorso Jobs dice chiaramente che “per le caratteristiche di quel prodotto e per la tecnologia contenuta, il suo prezzo dovrebbe essere di 999 euro (in questo modo Jobs fissa un Ancora nella mente del consumatore) ma siccome in Apple vogliono che il prodotto abbia la massima diffusione possibile lo venderanno a 499 euro (nuovo prezzo). Il pubblico immediatamente percepisce un risparmio netto di 400 euro e pensano che il nuovo prezzo sia super figo.
Attenzione selettiva (Selective attention)
Questo bias ha a che fare con l’attenzione che i consumatori rivolgono agli stimoli di marketing. Il principio è che le persone prestano attenzione esclusivamente a cose, fatti, oggetti e comunicazioni che rispondono a un’esigenza o interesse o che sono coerenti con gli atteggiamenti, le opinioni e le credenze di quella stessa persone.
Vediamo un esempio di come si manifesta l’attenzione selettiva e poi vi spiego come sfruttarlo. Guardate il seguente video e contate quante volte i giocatori con la maglietta bianca si passano la palla.
La maggior parte di noi quando fa questo esercizio per la prima volta non nota lo scimmione. Eppure si trattiene sullo schermo per ben 9 secondi. Questo è dovuto al fatto che vi ho chiesto di concentrarvi su una cosa bene precisa, ovvero contare i passaggi della palla. Tutto il resto per voi è ininfluente.
I marketers hanno a che fare con questo problema tutti i giorni. Una pubblicità vorrebbe catturare l’attenzione dei telespettatori che tuttavia spesso fanno altro, guardano lo smartphone, chiacchierano etc. Se quel messaggio per loro non è assolutamente rilevante, non lo guarderanno e basta.
Come catturiamo l’attenzione dei nostri utenti? Sia che si tratti di un email, di una pagina stampata o di uno spot pubblicitario?
Dobbiamo farlo necessariamente in due modi:
Parlare al target giusto e questo è possibile ad esempio segmentando la nostra lista di contatti email in base a quali utenti potrebbero essere più interessati ad un a certa offerta.
Oppure programmando gli spot pubblicitari su canali su cui siamo certi di intercettare il target. Se fossi un venditore di videogame saprei che il posto migliore è youtube o in generale canali tematici per ragazzi.
Infine per catturare l’attenzione potremmo sfruttare il meccanismo della meraviglia, usare immagini di rottura, creatività che mettono in discussione il fruitore della pubblicità qualunque cosa egli stia facendo. Qui una campagna molto famosa di Benetton che ha fatto molto discutere ma che ha raggiunto sicuramente il suo scopo.
Effetto di mera esposizione (Mere exposure effect)
In questo caso ci riferiamo alla tendenza delle persone a sviluppare una preferenza per alcune cose, solo perché le sentono molto familiari. Se riusciamo a rendere familiare il nostro brand o i nostri prodotti sul mercato, è più probabile che gli utenti li acquistino. Facciamo qualche esempio.
Esempio mera esposizione 1
Un meccanismo che sfrutta l’effetto di mera esposizione è la “ripetizione di concetti”. Durante la sua campagna elettorale Trump ripeteva spesso la parola “Credetemi”.
A quanto pare alla fine glie elettori…gli hanno creduto.
Esempio mera esposizione 2
Un altro meccanismo per sfruttare la mera esposizione è creare loghi simili ad altre aziende più blasonate in modo che il consumatore li senta già più familiari. Riconoscete questi loghi?
Scegliere e creare un logo che in qualche modo richiami loghi ben più famosi e conosciuti è un trucco per sfruttare il meccanismo di mera esposizione e rendere il nuovo brand più “familiare e affidabile”. Anche se non ho mai acquistato cuffie Beats, probabilmente lo farò anche per questa ragione.
Esempio mera esposizione 3
Un altro esempio di mera esposizione è quello di ripubblicare gli stessi contenuti su tutti i nostri assets di comunicazione (Sito web, social, forum, email e re-marketing). In questo caso lo scopo è cercare di colpire la stesa persona più volte possibile con il medesimo messaggio, in modo che i concetti che vogliamo veicolare gli diventino familiari.
Avversione alla perdita (Loss aversion)
I Bias cognitivi legati all’avversione alla perdita partono dall’assunto che le persone sono molto più stimolate ad agire per evitare una perdita piuttosto che per realizzare un guadagno. Se ne parla approfonditamente nel libro di economia comportamentale di Richard Thaler – Misbehaving
Esempio avversione alla perdita
Se fossi un albergo e avessi un sito web dove i clienti possono prenotare camere di vario tipo come posso spingerli a concludere velocemente la prenotazione in modo che preferiscano me ad altri hotel?
Potrei scrivere sulla pagina frasi come :
“Prenota ora”, “Camere ancora disponibili”, “Fai una prenotazione”, “Scegli la tua stanza”
Queste call to action sono decisamente poco efficaci. Potrei allora usare un altro tipo di frasi, facendo leva sul concetto di perdita:
“Solo 2 camere rimaste”
“Prenota ora, i prezzi potrebbero aumentare”
“L’offerta scade tra 2 ore”
Questo è quello che fa booking.com!
Effetto inquadramento (Framing bias)
L’effetto framing o cornice detto anche effetto di inquadramento, ha a che fare con il modo in cui ci vengono presentate le informazioni.
Mettiamo di essere in farmacia e ci avviciniamo allo scaffale dei medicinali anti-influenzali. Vediamo due marche di aspirina, ALFA e BETA e le rispettive confezioni sul fronte pacco recitano cosi:
Aspirina ALFA: “Questo prodotto ha effetti benefici nell’80% dei casi di influenza”
Sull’altro prodotto invece c’è scritto
Aspirina BETA: “Questo prodotto non sortisce effetti nel 20% dei casi”
Quale delle due acquistereste? La risposta è semplice, ovviamente l’aspirina ALFA! Eppure è un comportamento irrazionale. I due prodotti hanno esattamente la stessa probabilità di efficacia.
Il Bias di Framing può essere utilmente sfruttato nella comunicazione di marketing, vediamo come.
Esempio Framing 1
Prendiamo una vecchia pubblicità americana di un Suv della Ford in cui viene messo in risalto che il consumo di carburante è estremamente contenuto
Nella prima versione viene specificato che questo Suv consuma 1 gallone di benzina ogni 22 Miglia (MPG sta per Miles per gallon). Relativamente ai suv della stessa categoria è un bel risparmio ma chi fa immediatamente il collegamento con la categoria di prodotto? E’ molto più probabile che chi legga questo Commercial cominci a ragionare su quanto spende attualmente con la sua utilitaria (infinitamente di meno) e a quel punto il disastro è fatto.
La versione sotto invece è molto più efficace. In questo caso il Claim dice semplicemente che quest’auto è “la migliore della sua categoria” in quanto a consumo di carburante. E’ tutta un’altra cosa! Non è vero?
Effetto Carrozzone (Bandwagon Effect)
Immaginate di trovarvi per strada. Ad un certo punto vedete 3 persone che parlano tra loro e guardano tutte nella stessa direzione, in alto su un balcone. Automaticamente siete portati a imitare il loro gesto. Vi è già successo, dite la verità…
Questo bias, definito anche “effetto gregge”, è sfruttato molto nel settore del largo consumo attraverso Claim ad effetto sui pack di prodotto.
Come spiego anche nell’articolo Neuromarketing la nuova frontiera della comunicazione, questo meccanismo funziona perché siamo animali sociali e dunque tendiamo a imitare i comportamenti degli altri prendendoli per buoni. Un buon modo di sfruttare questo meccanismo è dare comunicazioni sul prodotto come:
“9 clienti su 10 soddisfatti”
“Abbiamo già venduto oltre 50.000 unità di questo prodotto”
“Su internet non si parla altro che del nostro nuovo prodotto”
“200 nuove richieste al giorno”
Questi messaggi attirano nuovi visitatori e permettono di raggiungere vendite più elevate
Con la stessa logica Siti come Amazon, Eprice sono ricchi di recensioni che i clienti fanno sui prodotti acquistati. Le recensioni sono importanti perché soddisfano il nostro bisogno di informazione e sopratutto ci rassicurano perché centinaia di altri utenti hanno comprato quel prodotto.
Effetto Ikea (Ikea Effect)
In uno studio del 2011, i ricercatori hanno osservato i consumatori mentre assemblavano arredamenti IKEA e hanno scoperto che i partecipanti vedevano le loro “creazioni amatoriali” come simili in valore alle creazioni di esperti. In altre parole il semplice fatto di averle in parte costruite da sé, gli faceva assumere un valore maggiore.
Sulla base di questi risultati, i ricercatori hanno concluso che le persone tendono a valorizzare maggiormente un prodotto quando vengono coinvolte nella creazione del prodotto stesso.
L’implicazione per il marketing è lampante: coinvolgi utenti e clienti nel processo di creazione di un nuovo prodotto. In questo modo è molto più probabile che essi acquistino il tuo prodotto una volta messo in vendita.
Salienza (Salience Bias)
Il pregiudizio di Salienza è strettamente collegato all’euristica della disponibilità, che abbiamo incontrato all’inizio dell’articolo. Consiste nell’errore di dare maggiore importanza alle informazioni più visibili o più frequenti.
Ultimamente si è sentito molto parlare del collegamento tra l’espansione della tecnologia 5G e della pandemia di Coronavirus. Premetto che fino a prova contraria non credo ad una parola di chi sostiene questo presunto collegamento.
Se però faccio una ricerca su google cercando “Coronavirus 5G” escono tutta una serie di risultati di siti pseudoscientifici che ne parlano.
A questo punto sarei portato a pensare che il collegamento tra le due cose esiste veramente visto che un numero spropositato di siti ne parla con una pletora di argomentazioni. In realtà il mio giudizio è viziato dal fatto che ho compiuto una ricerca molto specifica e google mi ha restituito risultati molto specifici.
Come lo utilizzo per la mia strategia di marketing? Nel mondo del commercio si è notata una tendenza umana ad acquistare prodotti che si distinguono dagli altri.
I professionisti del marketing possono sfruttare questo pregiudizio fornendo imballaggi attraenti ai loro prodotti. Se un prodotto ha una confezione o un’etichetta che è completamente unica ed originale, è probabile che si distingua bene sullo scaffale e anche nelle menti del consumatore.
Nel mondo di internet quando si tratta di creare pagine di conversione (Landing page o conversion page) spesso la Call to action (Bottone) è di un colore completamente diverso rispetto al resto della pagina. Questo aiuta gli utenti a concentrare l’attenzione sull’unico elemento di diversità che è poi il più importante.
Lo scopo di una landing page infatti è far premere quel bottone nel modo più veloce possibile. Osservate la seguente Landing page. Osservate come il bottone rosa salti immediatamente all’occhio!
Conclusioni sui Bias cognitivi
Spero sinceramente che l’articolo vi sia piaciuto. Spero di avervi trasferito un pò il concetto di cui parlavo all’inizio e cioè che il marketing per come lo conosciamo oggi è destinato a cambiare.
Parlerei all’infinito di economia comportamentale, Bias cognitivi e Neuromarketing ma sono certo che nel blog troverete molto altro materiale utile. Se volete iscrivetevi alla mia newsletter per ricevere nuovi ed interessanti articoli
La conoscenza di questi processi mentali è veramente affascinante.
Ciao Antonio, grazie per aver letto l’articolo, sono daccordo con te, il funzionamento della mente è davvero affascinante
Buona lettura
Buongiorno,
erano concetti che da tempo sentivo e non sono mai riuscito a comprendere a pieno, complimenti.
Ma come si arriva al prezzo della mazza a 1,05 € che non ci sono gli elementi matematici per calcolarlo ?
grazie in anticipo per la risposta
Buongiorno Fabio, la ringrazio per la domanda e soprattutto per i complimenti.
In realtà gli elementi per il calcolo matematico ci sono tutti. Il problema si risolve con qualche semplice equazione.
Le informazioni che abbiamo sono queste:
PRIMA INFORMAZIONE: La mazza e la palla insieme costano €1,10
SECONDA INFORMAZIONE: La mazza costa 1 euro più della palla
Chiamiamo la mazza “x” e la palla “y”.
Possiamo quindi scrivere sulla base della prima informazione:
EQUAZIONE 1: x+y=1,10
Sulla base della seconda informazione
EQUAZIONE 2: x=y+1
Prendiamo il valore della x della seconda equazione (ovvero y+1) e lo sostituiamo alla x della prima equazione. A questo punto avremo:
y+1 +y= 1,10 che può essere scritto anche così: 2y+1= 1,10
Da cui discende, isolando la y da una parte e portando tutto il resto dall’altra y= (1,10 -1)/2
y ha quindi valore 0,05 (Valore della palla)
A questo punto sappiamo quanto vale la palla y. sostituiamo il valore di y nella seconda equazione e avremo:
x= 0,05 + 1
Ovvero, la mazza vale 1,05
La saluto cordialmente