Email Marketing: 5 cose che non sapete

Aggiornato il 30 Maggio 2020 da Paolo Paccassoni

Email marketing - 5 tecniche

Lavoro nel fantastico mondo dell’email marketing da ormai 5 anni e di una cosa sono certo: l’80% delle persone che fanno email marketing, non sa come si fa email marketing. Non sono esagerato, è la pura e semplice verità. Cosa fa il restante 20%? si divide equamente tra:

  • Fornitori dei servizi di invio email (4Dem, Mailchimp, GetResponse, etc)
  • Clienti che hanno capito davvero come si lavora con le email.

Il mio non è un giudizio, badate bene. E’ una presa di coscienza. Il problema più importante che incontrano le aziende quando si approcciano all’email marketing è la mancanza di tempo. Sanno che devono farlo, ne percepiscono le potenzialità ma non hanno tempo da dedicare. Alla fine tutto si riduce a inviare l’email al database e via col prossimo Task da deliverare…nelle multinazionali si dice “deliverare”…giusto?

Sarebbe bello approfondire il tema “mancanza di tempo”. Ormai te la danno di serie quando compri un’azienda italiana ma non è questa la sede.

Oggi parliamo di alcune cose che riguardano l’email marketing e che nessuno vi dice. Sia che facciate email marketing sia che non lo facciate, è bene saperle perché in un modo o nell’altro vi ci scontrerete.

La reputazione di invio nell’email marketing

La domanda più gettonata che mi fanno è  “Ma se invio con la vostra piattaforma le email finiscono in spam?”

Lì parte uno spiegozzo di una buona mezz’ora, in cui catechizzo il malcapitato sulle motivazioni che fanno finire le sue fantastiche email promozionali in spam. Lo faccio anche a voi ma molto più ridotto. Per Rispetto.

Quando inviate le vostre newsletter, la probabilità che queste finiscano nella inbox o nella posta indesiderata, è legata e 3 fattori fondamentali: la reputazione del mittente, la reputazione del server di invio e il contenuto dell’email.

Se in passato avete giocato sporco inviando su liste discutibili, i provider lo sanno e se lo ricordano bene. Se il risultato delle vostre campagne è una pletora di disiscrizioni, segnalazioni spam, email inesistenti oppure utenti che semplicemente non aprono l’email, agli occhi dei provider acquisite una reputazione negativa. Il risultato è che la prossima volta che invierete sulla vostra lista, il provider accompagnerà gentilmente le vostre email nella cartella spam. Il lato positivo è che la reputazione è una variabile dinamica: se cominciate a lavorare in modo pulito riacquisirete piano piano la fiducia del provider…ergo inbox.

Stesso discorso vale per la reputazione del server. Anche i server acquisiscono una reputazione agli occhi dei provider, nel bene o nel male. Se il server dal quale inviate è condiviso con gente che gioca sporco, la reputazione di invio del server potrebbe influire negativamente anche sui vostri tassi di consegna.

Infine il contenuto email. Se nell’oggetto scrivete “OFFERTISSIMA!!APRI SUBITO!!!!!” il provider potrebbe mettervi in spam. Se l’email contiene parole tipo Viagra, Cialis e Levitra, potreste finire in spam. Se il contenuto dell’email è un’unica grande immagine jpeg che al suo interno contiene creatività e testi, il provider non essendo in grado di leggere il contenuto delle immagini, potrebbe pensare che state spammando. Su come creare un email a prova di filtri antispam si apre un mondo sul quale qui non mi soffermo perché ho intenzione di fare un articolo ad hoc.

 

Spam Trap nell’email marketing

E’ bene saper questo. Tutti i provider di posta (gmail, libero, yahoo etc) si affidano a Organismi di monitoraggio spam (SpamHaus, Cloudmark etc) per farsi aiutare a combattere il fenomeno spam. Se uno di questi Organismi si accorge che stiamo inviando spazzatura o stiamo inviando su database raccolti in modo poco pulito, lo comunica a tutti i provider consorziati. Il risultato è che quando il provider vede arrivare una delle nostre email, sa già chi siamo perché è stato avvertito, sa che spammiamo e bloccherà tutte le nostre email all’ingresso del server.

La domanda da 1 milione di dollari è:

Come fanno questi Organismi di monitoraggio ad accorgersi che stiamo spammando?“.

Chi vuole costruire velocemente un database di contatti, spesso utilizza software automatizzati che scandagliano la rete alla ricerca di indirizzi email. Questi software sono osteggiati dai provider perché chi fa questo tipo di lavoro ha un unico scopo: Spammare.

Fanno quindi una cosa molto semplice: prendono alcune caselle email abbandonate da anni, le trasformano in una trappola e le nascondono abilmente online.

Se usate software automatizzati per il recupero di email dalla rete, c’è il rischio che una di queste email trappola finisca nel vostro database. La cosa divertente è che non saprete mai qual è, perché i provider mantengono questa informazione segreta.

Se casualmente uno di questi indirizzi trappola finisce nella vostra lista siete fregati. Quando invierete una comunicazione promozionale, questa verrà ricevuta anche dall’indirizzo trappola. L’organismo di controllo spam se ne accorgerà e metterà il vostro dominio aziendale in Black list.

Finire in Black list è molto più grave che finire in cartella spam.

Se ad esempio finite in black list su Spamhaus, c’è una buona probabilità che non riuscirete più a consegnare nessuna delle vostre email sulla maggior parte dei provider.

Se invece finite in Black list  su Cloudmark, sappiate che sotto di se raccoglie tutti i domini collegati a Libero, Fastweb, Tiscali e Aruba….è una specie di consorzio, quindi se fate cavolate inviando email spam su Fastweb, automaticamente non riuscirete più a consegnarle non solo a Fastweb ma anche a Tiscali, Aruba e Libero.

 

Usate la doppia conferma sull’iscrizione alla newsletter

A volte mi chiama qualche cliente che mi dice “Ho avuto un aumento anomalo degli iscritti alla newsletter”.

Quando vado a controllare le email, sono tutte email “strane” o email con domini esteri.

Al 100% il box newsletter è stato preso di mira da qualche Bot automatico che compila con indirizzi veri o falsi. Il succo è che se farete attività su questi contatti in molti vi segnaleranno come spam. Molte altre email risulteranno inesistenti e…avete già capito. Tutto si riflette sulla reputazione di invio e nei casi più gravi finisce nel blacklisting.

E’ fondamentale che tutti i box newsletter che avete sul sito, i form di contatto etc. Siano impostati in double opt in.

In altre parole, l’utente si iscrive al box newsletter, riceve subito dopo un email sulla sua casella e dovrà entrare e cliccare sul link contenuto per confermare l’effettiva volontà di iscriversi. Solo in questo modo avete la certezza che dall’altra parte ci sia un utente reale e che abbia effettivamente dato il proprio consenso alla ricezione delle vostre comunicazioni.

Ci sono due implicazioni, una legale e una tecnica.

Se raccogliete contatti su form cartacei e l’utente vi firma il consenso, da un punto di vista legale siete apposto. Se poi inviate su quella lista delle campagne email e per qualche ragione gli utenti si disiscrivono in massa o vi segnano spam, da un punto di vista tecnico al provider di posta non interessa che avete i form cartacei firmati. Lui vede solo che gli utenti non gradiscono le vostre comunicazioni…ergo vi mette in cartella spam o nei casi più gravi in Black-list.

Il GDPR da questo punto di vista è molto chiaro. Non obbliga a impostare il double opt in sui form. Vi chiede solo di raccogliere e tenere traccia del consenso ceduto.

E’ chiaro quindi che se usate il double opt in prendete due piccioni con una fava. Avete raccolto il consenso e quindi avete soddisfatto il lato legale della questione. Lo avete raccolto con il double opt in e avete soddisfatto anche il lato tecnico.

 

Inviare email fredde funziona ancora?

Si e lo ripeterò fino alla morte. Il problema è come le si utilizza.

Definiamo brevemente un email fredda perché magari non tutti sanno cos’è.

In ambito aziendale, un’email fredda è la prima email che inviamo a un contatto che ancora non ci conosce per presentare l’azienda per cui lavoriamo, presentare i nostri prodotti e servizi e valutare se ci siano opportunità di collaborazione. Solitamente si va sul sito dell’azienda, si cerca il contatto email e si manda la presentazione.

Il punto è questo. Molti pensano che basti raccogliere un indirizzario, inviare un email promozionale e sperare che qualche pesce abbocchi. La speranza cioè, è intercettare qualcuno che in quel momento specifico ha bisogno del vostro prodotto o servizio. Un pò come uscire di notte e sperare di incontrare la vostra anima gemella.

Certo se nell’email scrivete che state regalando soldi, avrete la fila fuori la porta ma purtroppo la realtà è diversa.

Allora meglio se vi spiego come funziona un’email fredda. Quando scrivete a un utente per la prima volta per proporre i vostri prodotti servizi, fatelo in punta di piedi. L’email non deve essere promozionale. Non deve dire quanto siete bravi a fare qualcosa. L’email deve parlare dei bisogni del cliente e di come i vostri prodotti li soddisfino.

Nel footer dell’email (ovvero nella parte in fondo), scrivete come siete entrati in possesso di quell’indirizzo email e rassicurate il contatto che in ogni momento può esercitare il diritto di non ricevere più comunicazioni da voi.

A seguito dell’invio possono succedere 2 cose :

  • L’utente vi contatta, vi scrive, lascia i suoi contatti…cioè ha un atteggiamento attivo.
  • Il nulla assoluto

Questa seconda opzione va ulteriormente ispezionata. Se non c’è stato riscontro, non vuol dire che l’utente non sia interessato. Qui ci vengono in aiuto le piattaforme professionali di invio email.

Se avete mandato questa email con uno strumento professionale, a distanza di circa 3 giorni (tempo medio di esaurimento dell’efficacia di una campagna email), avrete anche tutti i dati di chi ha aperto l’email, di chi ha cliccato e su cosa ha cliccato. A quel punto vale il seguente ragionamento:

  • Se ha aperto l’email vuol dire che è stato incuriosito dall’oggetto -> Utente mediamente tiepido
  • Se oltre ad aprire l’email ha anche cliccato su un link specifico è molto più interessato -> Utente mediamente caldo

Arrivati fin qui, a seconda del business in cui operate, inventatevi una scusa per contattare telefonicamente l’utente. Tastate il suo reale interesse. Ditegli che gli avete inviato l’email (senza menzionare il fatto che sapete che ha cliccato) e adottate un approccio consulenziale. Mai di vendita. Vale il vecchio adagio “Le persone amano comprare ma odiano che gli si venda qualcosa”.

Vedrete che la telefonata sarà meno fredda del solito. Inoltre sarà l’occasione per tastare il potenziale cliente, capire se è interessato, in che termini e tempi.

 

Meglio una lista piccola e segmentata o una grande e generica?

Decisamente  meglio una lista piccola con un sacco di dati rispetto a una grande e di cui non conoscete neanche chi c’è dentro. Il fatto di lavorare su liste più piccole ha l’innegabile vantaggio di conoscere meglio chi c’è dentro e quindi il tipo di comunicazione che si può fare è quasi “chirurgica”.

Se dei miei 1000 iscritti conosco vita morte e miracoli, saprò esattamente quali parole devono usare quando voglio comunicare con loro. Saprò cosa gli interessa davvero. Saprò se per un gruppo devo creare un email con un messaggio ad hoc o se posso inviare a tutti la medesima comunicazione. Saprò se è il momento giusto per scrivergli e se quello che sto proponendo fa per loro in quel momento specifico.

Avere delle liste molto grandi e senza dati invece ha il vantaggio di avere maggiori probabilità di concludere una vendita…per la legge dei grandi numeri qualche pesce abbocca prima o poi.

Il grosso svantaggio invece è che il pubblico è molto più eterogeneo e non c’è modo di segmentarlo a priori. Certo dopo qualche invio di campagna posso crearmi i segmenti di chi apre più spesso o di coloro che hanno cliccato su specifici link ma è una cosa che richiede tempo.

Quando raccogliete nuovi contatti ricordatevi di chiedere tutte le informazioni che vi potrebbero servire qualora decideste di fare campagne email. La regola è “Più informazioni ho nel database, maggiore sarà la mia capacità di segmentarlo in base alle esigenze”.

 

Spero che l’articolo vi sia piaciuto.

Ovviamente sono sempre disponibile a confrontarmi e a conoscere il vostro punto di vista!

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Una risposta

  1. 18 Giugno 2020

    […] Ho parlato di Blacklist e Reputazione di invio anche nel mio articolo sulle 5 cose che non sapete sull’email marketing […]

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